Febbre West Nile: cos'è e perché è molto importante evitare di essere contagiati
di Fabrizio Di Paola
Cosa comporta la febbre West Nile per chi dona:
Il virus si diffonde principalmente a causa della puntura di zanzare compatibili con la sua trasmissione ma, potenzialmente, ciò può avvenire anche attraverso trapianti di organi, trasfusioni di sangue o per trasmissione madre-feto in gravidanza.
Per questo, i donatori che presentano i sintomi tipici del contagio o che rientrano in Italia dopo aver soggiornato in un’area in cui sono stati riscontrati casi autoctoni di infezione, in occasione della donazione dovranno sottoporsi al test NAT, in modo da poter garantire l’integrità del proprio dono ed evitare di autosospendersi. Infatti, poiché il periodo finestra* per il WNW è di 28 giorni, senza questo test sarebbe necessaria una sospensione temporanea dalla donazione e questo metterebbe a rischio le scorte di emocomponenti, soprattutto in un periodo complicato come quello estivo. Per ogni dubbio o domanda è possibile rivolgersi alla propria sede Avis di riferimento.
Sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità è possibile monitorare gli ultimi aggiornamenti relativi ai casi di arbovirosi riscontrati in Italia.
*Con periodo finestra si intende il tempo compreso tra il momento del contagio e la comparsa nel sangue degli anticorpi contro un determinato virus.
La febbre West Nile è una malattia infettiva di origine virale provocata dal virus West Nile, un flavivirus isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda. I principali serbatoi che favoriscono la diffusione della malattia sono uccelli ed equidi, mentre i maggiori vettori dello stesso sono perlopiù zanzare infette, più frequentemente del tipo Culex. Non è infatti possibile una trasmissione diretta tra esseri umani.
Il virus deve il suo nome al West Nile, distretto di origine del primo paziente in cui è stato isolato, ed è tra gli arbovirus più diffusi al mondo per via della sua presenza in ogni continente del pianeta, a eccezione dell’Antartide. Il primo focolaio del virus isolato in Europa risale al 1962, ma è soltanto a partire dagli anni ’90 che si è registrato un costante incremento del numero delle epidemie nei paesi del Bacino del Mediterraneo, con annesso aumento della gravità della sintomatologia.
Il primo focolaio riscontrato in Italia risale invece al 1998, anno in cui sono emersi diversi casi di cavalli positivi al virus in Toscana. Mentre è nel 2008 che l’infezione decide di colpire l’uomo in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.
Il periodo di incubazione della malattia varia fra 2 e 14 giorni dal momento del contagio, ma può arrivare fino a 21 giorni in soggetti con deficit a carico del sistema immunitario. Nella gran parte dei casi di positività l’infezione risulta asintomatica e, nei casi sintomatici, circa il 20% dei soggetti manifesta soltanto sintomi lievi come:
- febbre;
- mal di testa;
- nausea;
- vomito;
- ingrossamento dei linfonodi;
- sfoghi cutanei.
I sintomi gravi legati all’insorgenza della malattia sono riscontrabili soltanto nell’1% dei casi di infezione e, se non trattati, possono causare paralisi, coma o encefaliti letali. Comprendono:
- febbre alta;
- forti mal di testa;
- debolezza muscolare;
- disorientamento;
- tremori;
- disturbi della vista;
- torpore.
Per diagnosticare il contagio dal virus West Nile sono necessari test di laboratorio effettuati su siero o fluido cerebrospinale, volti a ricercare gli anticorpi di tipo IgM. I campioni prelevati entro 8 giorni dall’insorgenza della malattia potrebbero risultare negativi, per questo si consiglia di ripetere il test dopo diverso tempo, prima di escludere una positività.
Attualmente non esiste né un vaccino, né un trattamento medico specifico per questa malattia.
La migliore strategia per proteggersi dall’infezione consiste nell’evitare di entrare a contatto con le zanzare che provvedono alla diffusione del virus West Nile. Risulta quindi fondamentale l’utilizzo di repellenti e vestiti in grado di difendere dalle punture di insetti, nonché l’impiego di zanzariere e tende. È inoltre consigliato di eliminare i ristagni d’acqua presenti in prossimità delle zone abitate ed effettuare periodicamente campagne di disinfestazione mirata.
Per supportare la guarigione, che nella maggior parte dei casi avviene in maniera spontanea, è consigliato il riposo assoluto, la somministrazione di liquidi per combattere la disidratazione e l’eventuale utilizzo di farmaci per contenere lo stato febbrile. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero ospedaliero.
Ormai da diversi anni è stata introdotta e confermata una linea di intervento mirata a mantenere, in via precauzionale, un adeguato livello aggiuntivo di sorveglianza dei donatori di sangue residenti nelle aree maggiormente interessate dalla circolazione virale. Inoltre, su tutto il territorio regionale è attivo dal 2008 un controllo in campo umano e veterinario.
- Culex pipiens:
È la specie di zanzara appartenente al genere Culex più comune nell’emisfero boreale ed è coinvolta nella circolazione del virus responsabile della febbre West Nile e del virus Usutu.
- Culex modestus:
Validazione scientifica a cura del Dott. Marco Libanore
Direttore U.O.C Malattie Infettive
Azienda Ospedaliera – Universitaria Ferrara
(Non ha mai collaborato con aziende farmaceutiche né in Italia né all’estero).
[…] riceventi trasfusi. I nomi dei virus sono esotici come quelli delle loro pericolose ospiti. Il West Nile Virus , la Chikungunya e il virus della febbre Dengue possono essere trasmessi con le punture di alcune […]