La donazione di plasma è spesso sottovalutata. In realtà è un elemento prezioso, con sempre più campi di applicazione terapeutica. Adatta anche ai donatori con valori bassi di emoglobina, la donazione di plasma rappresenta una delle nuove frontiere della medicina. Con il valore aggiunto dell'etica e della solidarietà.

Di Giulia Agostini, Antonella Azzone, Nicholas Brachetta, Elisa Serracchioli

1. Una donazione adatta a tutti

La donazione di plasma da plasmaferesi consiste nella separazione della parte liquida del sangue. Quest’ultimo viene poi restituito all’organismo durante la stessa donazione. Perciò, spesso, si ritiene che la plasmaferesi sia destinata alle donne, che in genere presentano valori di emoglobina più bassi rispetto agli uomini. In realtà, non solo la plasmaferesi è rivolta ad ambo i sessi ma, anzi, il plasma maschile di gruppo universale AB può essere ricevuto da un target più ampio di persone in quanto privo di anticorpi che possano causare eventuali reazioni allergiche nel ricevente. Questo è il motivo per cui molti donatori maschi vengono invitati a donare il proprio plasma in alternativa al sangue. Se il medico che vi visita prima della donazione vi propone la plasmaferesi sappiate che state facendo un gesto di estremo valore: entrambe le donazioni sono indispensabili.

2. Indispensabile per alcuni farmaci salvavita

Il plasma è il liquido attraverso cui piastrine, globuli rossi e globuli bianchi vengono trasportati in tutto il corpo. Separando dal sangue intero queste tre componenti si ottiene un liquido giallo costituito in prevalenza da acqua e da altre sostanze, tra cui le proteine. Queste ultime vengono isolate attraverso un processo chiamato “frazionamento” e prendono il nome di plasmaderivati:

  • Albumina: si tratta di una proteina indispensabile per le funzioni renali;
  • Immunoglobuline: sono anticorpi che il sistema immunitario produce per difendersi da agenti esterni come virus e batteri;
  • Antitrombina e fattori della coagulazione: essenziali per una corretta coagulazione del sangue.

Queste proteine sono impiegate per produzione di  farmaci salva-vita, indispensabili per la cura di patologie come l’emofilia e alcuni disturbi del sistema immunitario. Il costo di questi farmaci resta contenuto per il sistema sanitario nazionale grazie proprio alla donazione volontaria: infatti il plasma viene consegnato alle case farmaceutiche in conto lavorazione, ovvero viene pagata la lavorazione di un componente che è e resta di proprietà pubblica ed gratuito per tutti i malati. 

3. Farmaci “orfani”: una speranza per la ricerca sulle malattie rare 

Grazie alla disponibilità di plasma da donatori non remunerati, è possibile produrre farmaci orfani. Ovvero quei farmaci che le aziende non sono interessate a sviluppare perché economicamente non convenienti. Un esempio è quello della congiuntivite ligneauna rara patologia molto dolorosa e invalidante, di cui soffrono solo 5 persone in Italia.

Con il progetto Plasminogeno si è potuto realizzare un collirio – ancora in fase di sperimentazione – risultato efficace nel ridurre al minimo le sofferenze e migliorare la qualità della vita di chi soffre di questa severa patologia. 5 persone forse sono poche, per un sistema basato sul profitto. Ma sono comunque una ragione in più per donare plasma.
4. Plasma: una nuova frontiera contro i virus

Il plasma iperimmune è balzato agli onori delle cronache con la pandemia da coronavirus. In realtà il nostro corpo produce da sempre anticorpi specifici ogni qual volta si trovi a contatto con virus o batteri sconosciuti. Il plasma dei portatori sani di virus viene sperimentato attivamente per sviluppare terapie per la cura di molte malattie come il West Nile Virus, un patogeno veicolato principalmente dalle zanzare.

Un’intuizione, questa, elaborata per la prima volta da alcuni medici AVIS. Dopo una ricerca a tappeto nel plasma dei donatori sono stati individuati tutti quelli che avevano l’antigene del virus: ce lo spiega in una sua intervista l’infettivologo Florio Ghinelli, capofila di un innovativo approccio alla cura del West Nile Virus che è stata successivamente applicata anche al Virus Ebola.

Lo scarso successo dello studio clinico Tsunami sul plasma convalescente per i pazienti di Covid-19 non deve scoraggiare la ricerca, che da sempre procede per tentativi fino a quando trova la direzione giusta. Il plasma, insieme al microbiota, sono componenti frutto della donazione estremamente promettenti per il futuro della ricerca medico-scientifica. Donare significa anche contribuire al progresso, come l’incredibile e travagliata storia di Henrietta Lacks e delle sue cellule immortali ci suggerisce.

5. Plasma gratuito per una sanità giusta e inclusiva

La raccolta da donatori non remunerati è importante anche per contrastare un modello diffuso in alcuni Paesi europei, come Germania e Repubblica Ceca, dove il plasma viene comprato direttamente dalle case farmaceutiche. Un modello, quest’ultimo, che da solidale e virtuoso si trasforma in puro business e che il nostro Paese vuole contrastare nell’unico modo possibile: far crescere sempre di più la raccolta di plasma da donatori periodici e volontari.

E non è tutto: l’Italia è impegnata in diversi progetti di cooperazione internazionale in Egitto, Perù e – fino a poco prima del ritorno dei talebani – anche in Afghanistan. Grazie alla collaborazione con l’aeronautica militare, il fattore VIII da plasma umano e altri farmaci plasmaderivati raggiungono centinaia di pazienti – molto spesso bambini emofilici – che non avrebbero altrimenti alcuna speranza di sopravvivenza. Per questo è importante superare l’autosufficienza nazionale: una volta soddisfatti i bisogni interni, si può fare molto anche per  quei Paesi che hanno una sanità meno sviluppata.