La prima reazione può essere storcere il naso o ridere: è istintivo e comprensibile. Ma la donazione di microbiota fecale (o intestinale) è una pratica innovativa che può salvare diverse vite ed è una nuova frontiera della medicina.
di Monica Cardinale
Cantava De André: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior“. E come dargli torto: le feci sono da sempre una risorsa tanto preziosa quanto imbarazzante. Insomma, un prodotto di scarto ma anche materia prima, che ci vede intimamente e – si spera – quotidianamente appartati ma ben presenti a noi stessi. Andare “di corpo” in modo sano è un gesto indispensabile anche per il nostro benessere, nonostante parlarne crei imbarazzo, ironia e sarcasmo, come ben sapeva l’artista Piero Manzoni con la sua opera in barattolo. Ma oggi la bistrattata, ripugnante “cacca” degli esseri umani si prende una rivincita, con una nuova freccia nella sua faretra…
Diventare donatore di microbiota fecale
Chi lo avrebbe mai detto che le feci umane sarebbero diventate un dono prezioso per qualcuno? Eppure è così! Da qualche anno, infatti, in Italia è possibile donare le proprie feci per un paziente affetto da malattie che colpiscono l’intestino, come le infezioni croniche, quale per esempio quella da Clostridium difficile. Stiamo parlando di un’operazione conosciuta come Trapianto del Microbiota Intestinale o Fecale.
Il Microbiota è una componente essenziale della nostra biologia, costituito da batteri, funghi e virus, che vive in determinate nicchie ecologiche del corpo quali cavità orale, pelle, vagina, tratto respiratorio e soprattutto tratto gastro-intestinale. Il microbiota intestinale, in particolare, è considerato una barriera competitiva contro l’invasione e la colonizzazione di patogeni e svolge un ruolo fondamentale per il metabolismo.
Che cos’è il microbiota intestinale?
Il 70% circa del sistema immunitario è nell’intestino. Il microbiota intestinale, dunque, tra le sue molteplici funzionalità, modula lo sviluppo e l’efficienza del sistema immunitario, come anche di quello endocrino e nervoso, e fornisce circa il 10-15% della richiesta energetica giornaliera. Un’alterazione del microbiota può portare ad uno stato di disbiosi, caratterizzato da una compromessa stabilità e una ridotta biodiversità, che si correla con un aumento dello stato infiammatorio, supportando così condizioni che favoriscono lo sviluppo e la progressione di diverse patologie. Ogni essere umano ha un suo corredo altamente individuale di microrganismi, acquisito alla nascita, che persiste per tutta la vita subendo perturbazioni che possono essere anche molto rapide e profonde. Diversi sono infatti i fattori che influenzano la composizione, e di conseguenza l’attività funzionale del microbiota intestinale, tra cui la dieta, l’assunzione di farmaci, gli stili di vita e l’età. Gli studi scientifici di John Cryan e del suo team del University College di Cork, inoltre, hanno dimostrato essere importante per lo sviluppo del cervello e delle capacità cognitive, emotive e sociali.
Curiosità #1
Ci sono anche altri rilevanti studi secondo cui il Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) possa essere in qualche modo collegato all’equilibrio del microbiota intestinale. Non ci sono ancora evidenze scientifiche consolidate, poiché la maggior parte degli studi effettuati fino ad ora hanno incluso un campione troppo piccolo di pazienti, ma è comunque interessante seguire gli sviluppi di questo studio.
Come e dove donare
La donazione del microbiota fecale consiste nella raccolta di feci da parte di un donatore sano, che poi vengono lavorate in laboratorio fino a ottenere una sacca piena di liquido, simile al plasma, ricca di batteri e miceti, poi messi in circolo nel corpo del paziente con disequilibri nel microbiota tramite colonscopia o clistere. Questa ancora poco diffusa donazione permette al paziente malato di ripristinare la propria flora batterica in un arco temporale di circa 21 settimane, proprio grazie ai batteri esterni del donatore. L’efficacia del trapianto si attesta attorno al 90% nei pazienti con infezione ricorrente che non risponde più alle terapie standard. Il trapianto, inoltre, aumenta la sopravvivenza complessiva di oltre il 30% a 90 giorni dall’infezione.
In Italia, ad oggi, sono stati riconosciuti dal Ministero della Salute quattro centri di riferimento per il programma nazionale di Trapianto del Microbiota Intestinale: il Policlinico Sant’Orsola IRCCS di Bologna, il Policlinico Gemelli di Roma, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze e l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa.
Un batterio antibiotico-resistente
L’obiettivo generale di questi Centri è quello di ridurre la morbidità (ovvero la frequenza con cui una malattia si insinua in un gruppo di persone, ndr) e la mortalità dell’infezione da Clostridium difficile, un batterio resistente alla terapia antibiotica che può portare in alcuni casi anche al decesso del paziente. Il Clostridium difficile è un batterio che vive normalmente nel nostro intestino, senza causare particolari danni; il problema insorge nel momento in cui i microbi che coesistono con esso vengono spazzati via, lasciandolo agire in libertà e facendone alterare il già delicato equilibrio della flora intestinale.
L’infezione da Clostridium difficile tendenzialmente insorge a seguito di un trattamento antibiotico che altera il microbiota intestinale, e spesso si riscontra nei pazienti più anziani o in soggetti affetti da malattie croniche. Al momento, l’unico consenso al trapianto di microbiota è proprio per quest’ultima malattia e pochi altri casi per cui, di volta in volta, viene chiesta l’approvazione del Comitato Etico. Non è da escludere, però, che in un prossimo futuro le evidenze scientifiche possano portare all’utilizzo delle feci donate per combattere altri stati infiammatori e deregolazioni immunitarie, così da aumentare l’efficacia di cure e terapie in innumerevoli contesti. Per questo motivo attualmente risulta di particolare rilevanza la donazione di feci: per poter svolgere degli studi che si spera portino a nuove scoperte in campo medico.
Servono dei volontari che donino una parte di sé per la ricerca, per poi riuscire a salvare la vita di un altro essere umano.
Curiosità #2
A tal proposito, si potrebbe approfondire l’argomento attraverso un film-documentario di Saffron Cassaday, di cui abbiamo visto qualche clip in anteprima. La regista ha vissuto sulla sua pelle un’esperienza particolare: in “Designer shit” cerca infatti di guarire dalla sua colite ulcerosa, scoprendo così il potere che la cacca ha di riequilibrare la nostra salute.
Cosa fare per diventare donatore di microbiota fecale
Niente di più semplice: occorre avere un’età compresa tra i 18 e i 45 anni essere in buone condizioni di salute e non aver assunto antibiotici negli ultimi sei mesi. Basta contattare uno dei 4 centri accreditati e, per l’Emilia-Romagna, compilare un modulo online per essere ricontattati e programmare una visita di idoneità con annessi esami di approfondimento: un prelievo di campioni di sangue venoso e di feci. Ai candidati idonei verrà richiesta una donazione di feci ogni 1-2 settimane, per circa 8 settimane, da cui poi sarà estratto il microbiota intestinale.
La donazione non è invasiva e non comporta rischi per il donatore, ma potrai aiutare la ricerca o chiunque ne abbia bisogno e contemporaneamente, tenere sotto controllo la tua salute. Come ogni donazione di sé, inoltre, è anonima, volontaria e non remunerata.
“Di solito chi sceglie di essere donatore è molto disponibile e entusiasta, perché sa che con questo gesto molto semplice può salvare vite.” Queste le parole del dottor Gianluca Ianiro, gastoenterologo del Policlinico Gemelli di Roma.
Il percorso del microbiota all'Ospedale S. Orsola di Bologna
Il trapianto di mircrobiota: passato e futuro
In realtà, sembra che già nell’antica medicina cinese fossero noti i benefici degli feci altrui, ma il primo trapianto fecale sull’uomo è stato eseguito solo alla fine degli anni Cinquanta, nel 1958, da un medico chirurgo di Denver negli USA per curare un’infezione al colon.
Attualmente sono in atto diversi studi dedicati al tentativo di trattamento di patologie infiammatorie croniche, in particolare la colite ulcerosa, della sindrome metabolica, della sindrome dell’intestino irritabile e di alcuni disordini neurologici (autismo e sclerosi multipla), come anche di malattie del sistema immunitario e oncologiche. Con l’eccezione della colite ulcerosa, tuttavia, negli altri ambiti clinici finora esplorati, l’adozione del trapianto di microbiota è ancora nella fase sperimentale pre-clinica.
Curiosità #3
[…] che da sempre procede per tentativi fino a quando trova la direzione giusta. Il plasma, insieme al microbiota, sono componenti frutto della donazione estremamente promettenti per il futuro della ricerca […]
[…] Articolo liberamente tratto dal Sito di Avis Regionale Emilia – Romagna. […]
ben diverso è donare il proprio sangue, i proprii tessuti, i proprii organi, dal donare i batteri presenti nel proprio intestino
Ogni donazione ha caratteristiche e valore diverso, naturalmente. Donare organi è una cosa e donare sangue un’altra. Ma si può donare il cordone ombelicale e persino i capelli per fare parrucche da donare a pazienti oncologici. Se è un gesto gratuito e salva una vita, o anche solo la migliora, è sempre un gesto meraviglioso. La donazione di sé è un atto di solidarietà. Non tutti possono donare sangue o plasma, ma possono comunque sentire di aver fatto qualcosa per il prossimo.