Continua a diminuire il numero di contagi da HIV e di insorgenza dell’AIDS in Emilia-Romagna, dove nel 2022 sono stati 162 i nuovi contagi identificati, circa la metà rispetto a un decennio fa. Ma vediamo perché è necessario non abbassare la guardia.

di Fabrizio Di Paola

Luoghi comuni, pregiudizi e la scarsa percezione di un virus ormai “sotto controllo” possono contribuire a far abbassare la guardia rispetto a un nemico che negli anni ’80 e ’90 incuteva molta paura, mai stata una saggia consigliera al contrario della prevenzione, da sempre una valida alleata. Prima di addentrarci nell’argomento è necessario fare chiarezza sui punti chiave del discorso che affronteremo, analizzando in maniera dettagliata, ma sintetica, cosa si intende con le sigle Hiv e Aids, ricordando che l’utilizzo del profilattico resta la migliore forma di protezione per evitare il contagio dalle malattie sessualmente trasmissibili.

Hiv e Aids, qual è la differenza?

Nel primo caso siamo di fronte a un retrovirus definito “Virus dell’immunodeficienza umana”. Nello specifico si tratta di un lentivirus o “virus lento”, in grado di colpire il sistema immunitario del corpo umano distruggendo i “linfociti “CD4”, una particolare tipologia di globuli bianchi in grado di garantire una risposta immunitaria rapida ed efficace contro le infezioni. Una diminuzione consistente di queste cellule può comportare, nel lungo periodo, un indebolimento del sistema immunitario dell’essere umano, con conseguente aumento della possibilità di contrarre infezioni, anche molto severe.

La fase più avanzata dell’infezione prende il nome di Aids o “Sindrome da immunodeficienza acquisita”. Si tratta di uno stato patologico che insorge quando un soggetto infetto, che d’ora in poi chiameremo “sieropositivo”, non riceve nel giusto tempo le cure adeguate per contrastare il propagarsi del virus, presentando un numero di linfociti CD4 inferiore a 350 cellule/mm3. Nel momento in cui la diagnosi risulta conclamata il sistema immunitario del paziente appare ormai compromesso in maniera pressoché irreversibile, rendendo quest’ultimo estremamente vulnerabile e suscettibile a infezioni facilmente evitabili per una persona in buono stato di salute. Risulta quindi assolutamente fondamentale sottoporsi a test periodici di controllo, in modo da poter escludere il contagio oppure intercettare nel giusto tempo la malattia.

Con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione comune sui temi della prevenzione e dello screening periodico, appare opportuno riportare quanto affermato all’interno di un comunicato pubblicato dalla Regione Emilia-Romagna nel novembre 2023:

“Una diagnosi precoce dell’infezione da Hiv consente di attivare tempestivamente cure efficaci. Nel periodo 2006-2022 poco più della metà (52%) delle persone sieropositive diagnosticate è invece giunta tardivamente alla diagnosi Hiv, presentando Aids conclamato e/o un numero di linfociti CD4 inferiore a 350 cellule/mm3 (Late presenters – Lp). Nel 2022 tale quota è pari al 56%”.

Storicamente, soprattutto per via del timore e della scarsa conoscenza sull’argomento, sono nati moltissimi falsi miti sull’Hiv e sulle sue modalità di trasmissione: vediamo quali sono i più diffusi e cosa invece è fondamentale sapere:

  • L’HIV SI TRASMETTE ATTRAVERSO IL CONTATTO CASUALE CON UN SIEROPOSITIVO: FALSO!

Il contagio può avvenire solo attraverso lo scambio di specifici liquidi biologici come sangue, liquido seminale, secrezioni vaginali e latte materno e non attraverso strette di mano, abbracci, baci o la condivisione di utensili. Si tratta di una credenza molto diffusa quanto sbagliata, che purtroppo comporta l’allontanamento e l’inutile esclusione di moltissime persone dalla società.

  • GLI INSETTI POSSONO TRASMETTERE IL VIRUS: FALSO!

Credenza comune è quella che insetti come zanzare o simili possano agevolare la diffusione del virus. Anche in questo caso siamo dinanzi a un falso mito in quanto il virus non è in grado di sopravvivere al loro interno, non risultando quindi trasmissibile attraverso le punture di questi ultimi.

  • L’HIV SI TRASMETTE ATTRAVERSO IL CIBO O L’ACQUA: FALSO!

Non è possibile contrarre il virus nuotando o consumando cibo e acqua in quanto non appare in grado di sopravvivere per molto tempo al di fuori dell’organismo umano.

  • SOLO GLI OMOSESSUALI POSSONO CONTRARRE L’HIV: FALSO!

Si tratta di una credenza errata emersa nel corso degli anni ‘80 e ‘90 per via della positività di diversi soggetti all’interno della comunità omosessuale del periodo. In realtà il virus ha la capacità di colpire chiunque, indipendentemente dall’orientamento sessuale del potenziale ospite. 

 

Dato uno sguardo ai falsi miti che circolano sul virus e sulla sua trasmissione, è il momento di prendere coscienza di quali siano le effettive modalità di contagio dello stesso e le migliori tecniche di prevenzione:

  • VIA EMATICA: il virus può diffondersi attraverso lo scambio di siringhe infette e aghi non sterili, a causa di trasfusioni di sangue ed emocomponenti (anche se a partire dagli anni ‘90 sono stati introdotti rigorosi controlli qualitativi, grazie ai quali questo rischio è stato sostanzialmente azzerato), oppure tramite l’assunzione di droghe iniettabili tra diversi soggetti. Appare quindi fondamentale evitare l’utilizzo e lo scambio di aghi o materiali non sterili.

 

  • TRASMISSIONE VERTICALE O MATERNO-FETALE: in questi casi il contagio può avvenire durante la gravidanza, il parto oppure l’allattamento. Attualmente, secondo l’Istituto Superiore di Sanita, sussiste un rischio pari al 20% che una madre sieropositiva possa trasmettere il virus al nuovo nascituro, anche se il trattamento con specifici farmaci antiretrovirali può diminuire la possibilità di contagio a meno del 2%. Risulta quindi fondamentale sottoporsi a controlli e screening periodici.

 

  • VIA SESSUALE: la trasmissione può avvenire attraverso rapporti sia eterosessuali che omosessuali non protetti, oppure tramite il contatto con i liquidi biologici infetti del proprio partner. La presenza di piccole lesioni a livello delle mucose genitali potrebbe aumentare drasticamente le possibilità di essere contagiati. Il miglior modo per diminuire drasticamente o annullare le possibilità di contagio appare l’utilizzo del profilattico, da impiegare per tutta la durata del rapporto, sia che si tratti di rapporti orali che completi.

Il sangue donato risulta totalmente sicuro per chi lo riceve. I progressi fatti dal sistema trasfusionale italiano nella lotta contro la diffusione di Hiv e Aids hanno permesso di azzerare completamente il rischio di contagio per via trasfusionale e, a tal proposito, appare utile riportare una citazione del Centro nazionale Sangue, istituzione del Ministero della Salute che svolge funzioni di coordinamento e controllo del sistema trasfusionale:

“la trasfusione di sangue è un procedimento sicuro e da oltre 25 anni non fa più registrare casi di infezione da HIV. Lo confermano i dati del 2020 diffusi in vista della Giornata Mondiale contro l’AIDS, che si celebrerà il prossimo 1 dicembre. Inoltre, come riportato […] nel rapporto “Italian Blood System 2020”, non si sono registrati casi di infezioni da HIV nelle oltre 2,8 milioni di trasfusioni registrate nell’anno passato, dato che trova conferma anche nei primi mesi dell’anno in corso”.

Per riuscire a raggiungere questi traguardi e garantire quindi la totale integrità della donazione, rispettando i più elevati standard qualitativi, le donatrici e i donatori di sangue vengono sottoposti a specifici test volti a rilevare la presenza del virus HIV o di altre eventuali incongruenze nell’organismo, che potrebbero quindi inficiare il dono. Per quanto riguarda l’Hiv, i test si basano su metodi immunoenzimatici di ultima generazione e test Nat, (ossia tecniche di biologia molecolare, con le quali è possibile moltiplicare frammenti anche estremamente piccoli di materiale genetico in modo tale da poterlo identificare e quantificare), effettuati direttamente sulle sacche di sangue. In questo modo si ha la certezza che quanto donato sia pefettamente conforme alla norma.

Inoltre, per evitare di sprecare un bene prezioso, salvaguardare la salute collettiva e allo stesso tempo garantire l’integrità del dono, è possibile che per specifiche motivazioni il donatore venga sospeso in maniera temporanea o in alcuni casi permanente. La sospensione è una delle tecniche che ha permesso di raggiungere i risultati mostrati in precedenza ed è fondamentale comprendere che non si tratta in alcun modo di una punizione, bensì di una precauzione semplice e fondamentale per salvaguardare il bene comune.

Nel 2022, a conferma di un trend complessivamente in diminuzione a livello nazionale, secondo quanto emerso dai dati pubblicati dal sistema sanitario della regione Emilia-Romagna sono 162 i nuovi contagi da Hiv riscontrati sul territorio, di cui 123 uomini e 39 donne. Parma appare la provincia più colpita, con un totale di 30 casi registrati e un’incidenza pari a 7,3 casi ogni 100mila abitanti, seguita da Bologna, dove sono stati 30 i casi osservati durante l’anno passato, con un’incidenza pari a 2,9 casi ogni 100mila abitanti e infine Reggio-Emilia, dove sono state certificate 22 nuove positività e un’incidenza pari a 4,2 casi ogni 100mila abitanti. Considerando il periodo 2006-2022 l’incidenza maggiore è stata riscontrata nella provincia di Rimini (8,9 casi ogni 100mila abitanti e 497 nuove diagnosi), seguita da Parma (8,6, con 644 nuove diagnosi) e Ravenna (7,4 con 490 casi).

Per quanto riguarda le insorgenze di Aids, nel 2022 i nuovi casi riscontrati sono stati 21, con un’incidenza che si attesta a 0,7 casi per 100mila abitanti,  pressoché stabile rispetto all’anno precedente. A partire dal 1996, soprattutto grazie alle nuove terapie antiretrovirali introdotte, il numero di casi e di decessi legati all’Aids è diminuito drasticamente, mentre la qualità della vita dei pazienti sieropositivi è migliorata in maniera progressiva, rendendo possibile una sorta di “convivenza” con la malattia.

Nonostante casi sporadici di positività constatati a livello mondiale, sul territorio italiano l’HIV fa la sua comparsa nel 1982, anno in cui viene identificato il primo paziente sieropositivo di rientro dall’estero. Da questo momento il numero di infezioni è aumentato in maniera rapida e considerevole, soprattutto per via della carenza di tecniche e conoscenze che potessero fronteggiare la sua diffusione. Per via dell’accentuata presenza sul territorio e delle diverse positività celebri che hanno interessato volti noti e personaggi del mondo dello spettacolo, il virus è diventato in breve tempo un argomento di dominio pubblico, fino a trasformarsi in uno dei principali topic massmediali del periodo.

Dopo diversi anni di investimenti, ricerca e sperimentazioni volti a trovare una cura valida per fronteggiare e contenere la sua diffusione, all’inizio degli anni 2000 iniziano a comparire le prime cure antiretrovirali in grado di far diminuire la carica virale nei soggetti sieropositivi, con conseguente miglioramento della qualità della vita di questi ultimi.

Secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità italiano, dal 1982 a oggi sono complessivamente più di 52000 i casi di AIDS notificati sul territorio nazionale. Attualmente l’Italia si impegna in maniera attiva sia per consentire a quanti colpiti dalla malattia di vivere una vita dignitosa, sia focalizzandosi sui temi della prevenzione e dei corretti stili di vita da adottare per evitare quanto più possibile il contagio di nuovi soggetti.