Il decreto legge italiano sulle donazioni di sangue prevede una sospensione temporanea per i donatori che fanno un uso occasionale di marijuana. Vale lo stesso per la cannabis “light”, ovvero quella che non contiene sostanze psicotrope?

di Alberto Militello

Ricordate Totò e la sua “maggiorana” in Che fine ha fatto Totò Baby (1964)? “Questa sì che è verdura!” Esilarante, ma ci ricorda quanto la disinformazione e il tabù riguardanti la cannabis abbiano radici antiche. Tanto è vero che la super insalata ingerita da Totò lo porta a perdere il senno.

L’argomento “cannabis” è molto delicato e la ricerca scientifica ha iniziato solo recentemente a occuparsi di questa sostanza e a raccogliere dati significativi. Nonostante i risultati degli studi più recenti siano univoci e le leggi dello Stato si stiano lentamente adattando ai nuovi approcci terapeutici, sull’argomento resta molta confusione generale anche tra i medici.

THC e CBD: cosa sono?

La pianta della cannabis contiene oltre 85 cannabinoidi, due dei quali presenti  in percentuali nettamente maggiori: il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD). Si tratta di due sostanze molto differenti nella composizione e quindi anche negli effetti sul corpo umano.
Il THC è l’agente psicoattivo che rende possibile l’alterazione sensoriale e percettiva di chi consuma cannabis. Il CBD, invece, non è una sostanza psicoattiva e ha un effetto rilassante e antinfiammatorio. La cosiddetta cannabis “light” è quella priva di THC (la legge prevede un limite dello 0,6%) e con alte concentrazioni di CBD. 
Il cannabidiolo, o CBD, è recentemente entrato a far parte della farmacopea ufficiale europea come principio attivo in alcuni farmaci. La marijuana spacciata illegalmente può contenere invece percentuali molto alte di THC e altre sostanze non controllate o cancerogene, con tutti i rischi che ne derivano, sopratutto per chi ne abusa in giovane età.

La cannabis “light” può essere consumata legalmente?

La questione, come spesso accade in Italia, è complessa e a tratti contraddittoria. Il registro delle sostanze stupefacenti e psicotrope dedica un’intera tabella alla cannabis, indicando le varietà principali e le parti della pianta che costituiscono sostanza stupefacente (foglia, infiorescenza, olio e resina) pur senza specificare le percentuali di tetraidrocannabinolo, il THC appunto. Nell’elenco delle sostanze dopanti in ambito sportivo il CBD non è considerato un agente dopante. 
Dal 2016 in Italia è permessa la vendita di cannabinoidi a bassissimo contenuto di THC (che quindi non costituiscono sostanza stupefacente) ma non il consumo. In molti negozi e su internet è possibile acquistare oli, fiori, semi di cannabis “light” (o depotenziata) ma la legge vieta di aprire le confezioni pur senza stabilire una sanzione per chi contravviene al divieto. Un pasticcio, insomma!

CBD per uso ricreativo e donazione del sangue

Di fatto, e a prescindere dagli effetti che produce, la cannabis “light” non potrebbe essere consumata esattamente come la cannabis ad alte concentrazioni di THC. Come sappiamo, però, illegale non significa impossibile. E dunque: chi consuma cannabis “light” può donare sangue o incorre in sospensioni?
Secondo le normative europee (e il relativo decreto italiano) chi fa uso di cannabinoidi in maniera occasionale è soggetto a una sospensione temporanea dalla donazione. In parole povere: chi si è fatto una “canna” (con THC), deve aspettare almeno 14 giorni prima di donare il sangue e il plasma. In questo lasso di tempo il principio attivo dovrebbe essere opportunamente stato smaltito dall’organismo.
Ovviamente la decisione finale di ammettere alla donazione un consumatore sporadico di cannabis è a completa discrezione del medico, che di volta in volta stabilisce l’idoneità o meno del donatore.
Lo stesso vale per il CBD? L’orientamento all’interno della SIMTI, è quello di considerare che l’uso da parte del donatore può condizionare la presenza della sostanza nell’unità di sangue donata. Nonostante già dopo 24 ore  la sostanza sia quasi sotto i limiti di rilevabilità nel plasma, può comunque accumularsi nei tessuti lipidici e venire comunque liberata fino a 4 settimane dopo l’assunzione.

In breve, ecco due situazioni che possono avere relazione con la donazione di sangue.

  1. Assunzione per “diletto”: in questo caso il medico selezionatore dovrà valutare “l’affidabilità” del donatore non tanto, quindi, per la sostanza assunta, ma per i suoi comportamenti (assunzione di altre sostanze, assunzione finalizzata a “facilitare” comportamenti “a rischio”, ecc).
  2. Assunzione terapeutica: in questo caso dovrà essere valutata la motivazione/patologia che ne determina l’utilizzo e, quindi, potrebbe essere quest’ultima -e non i cannabinoidi- a determinare la non idoneità del donatore.

Date queste informazioni, si consiglia sempre e comunque un uso responsabile e consapevole, conscio delle sostanze che si stanno assumendo. Il donatore di sangue, per essere d’aiuto alla salute degli altri, deve essere responsabile in primis della propria. Le applicazioni medico scientifiche e farmacologiche dei principi attivi presenti nella cannabis sono in continua evoluzione e di conseguenza lo è la normativa vigente. Ma buonsenso, rispetto di sé e onestà al colloquio con il medico del centro prelievo (comunque sempre tenuto al segreto professionale) restano la bussola di ogni donatore.