Immagine della giornalista Milena Gabanelli

Milena Gabanelli

Classe 1956, piacentina di nascita (di Nibbiano, per la precisione) e bolognese dai tempi dell’università, Milena Gabanelli è una tra le più note – e brave – giornaliste della televisione pubblica. Collabora con la Rai dalla fine degli anni ’80 e nel 1994 porta su Rai 2 un programma di giornalismo sperimentale, Professione Reporter, che diventerà entro tre anni la trasmissione che l’ha resa famosa su Rai 3: Report. Gli esordi sono tutt’altro che semplici: Professione Reporter è sì una trasmissione innovativa e irriverente che promette buoni ascolti, però è realizzata da giornalisti free-lance che imbracciano telecamere amatoriali realizzando inchieste giornalistiche tutt’altro che dilettantesche. “Videogiornalisti”, titolavano i quotidiani di allora per raccontare la novità. Oggi, nell’era di Twitter e Youtube, questo dettaglio può sembrare poco significativo, eppure ai tempi era assolutamente impensabile che un giornalista usasse la telecamera come un taccuino per gli appunti, senza il supporto di un cameraman professionista. Soprattutto perché, fin dalle prime puntate, a tutti era chiaro il messaggio: se uno è un bravo giornalista d’inchiesta non ha bisogno di grandi mezzi tecnici o economici, può fare un ottimo lavoro lo stesso. E questa constatazione, va da sé, non faceva piacere né ad alcuni cameramen, né ad alcuni giornalisti… Guai però definire oggi gli autori delle inchieste di Report dei videogiornalisti: pur essendo rimasti dei free-lance la tecnologia, l’esperienza e dei budget decisamente più adeguati hanno permesso di realizzare un programma d’infomazione tanto attendibile quanto ben girato. La Gabanelli è asciutta quando fa le domande ma anche sintetica nel dare le risposte. Vi proponiamo questa breve intervista in concomitanza con il nuovo ciclo di inchieste di Report.

Nello spot di presentazione dell’ultima stagione di Report si vedono panciuti signori che ballano in tutù e si prendono a cuscinate. Le scritte in grafica invitano a riappropriarsi delle passioni e a non delegare le soluzioni dei problemi agli altri. Un po’ atipica come scelta per un autorevole programma di inchieste giornalistiche, no?
Ho scelto quello spot perché lo considero bello, leggero, ironico… Non credo che avevamo più bisogno di ripetere ai telespettatori per due mesi (tanto dura la programmazione del prossimamente) che anche questa volta non faremo sconti a nessuno.

Dopo quasi tutte le puntate di Report il livello di cialtroneria e corruzione nel nostro Paese risulta così insopportabile che molti si aspettano una rivolta di piazza la mattina dopo. Invece non cambia nulla. Mai sentita tanto scoraggiata da pensare di cambiare lavoro?
E’ difficile cambiare le cose quando si delega ad altri la soluzione dei problemi, senza mai metterci un minuto del proprio tempo. E i primi a non cambiare sono proprio quelli che continuamente ci dicono: “tenete duro” e, a seguire: “tanto non cambia mai niente…”. Io faccio un lavoro che ha tante difficoltà ma che ho scelto. Il mio obiettivo non è quello di cambiare il mondo domani mattina ma di informarlo.

Cosa può fare uno spettatore di Report per aiutarvi a fare meglio il vostro lavoro?
Lo spettatore di Report non deve aiutare noi, deve fare il suo mestiere (qualunque sia) al meglio. Ci seguono 3 milioni e mezzo di persone: sarebbe un bel risultato, no?

Perché, nonostante programmi impegnativi come Report abbiano ascolti così alti, nella tivù pubblica si continua a pensare che lo spettatore medio sia incapace di comprensione e concentrazione?
Chi pensa questo? Forse i produttori e gli autori di programmi un po’ trash… Diciamo che il problema si pone quando vengono scelti dirigenti e funzionari scarsi, che a loro volta si contornano di soggetti con poca professionalità. Alla fine il risultato è quello che è …

Qual è la puntata di Report che avreste voluto e non siete mai riusciti a fare?
Una bella inchiesta sulla Rai… Ma come si fa a sputare nel piatto dove si mangia?

Anni fa è stata bocciata all’esame per passare da gioralista pubblicista a professionista. Ci ha mai riprovato?
No, non ho più ridato l’esame, non ho il tempo di studiarmi a memoria il Franco Abruzzo. (Il “Codice dell’informazione e della comunicazione”, ndr)

Ha mai donato il sangue, e perché?
Ho donato il sangue per la prima volta (il prelievo di idoneità ndr) a 17 anni a Milano in Piazza Duomo una domenica di novembre, perché davano un sacchetto con dentro torroncini, succhi di frutta e noccioline. Eravamo in 4 e abbiamo fatto scorta, poi siamo andati a mangiarli al cinema. La volta successiva avevo 23 anni, ero in campagna e avevo sentito alla radio che c’era stato un incidente grave e cercavano sangue del mio gruppo. Poi ancora un paio di volte in tempi più recenti. Dopo la mia prima volta però, per pura generosità