Il plasma è la porzione del sangue che rimane dopo aver separato globuli rossi e piastrine. E’ composto da acqua, sali, enzimi, anticorpi e altre proteine. Le proteine plasmatiche hanno un ruolo fondamentale nel sistema coagulativo del sangue, nella difesa contro le malattie e a sostegno di altre funzioni vitali. Per questa ragione vengono utilizzate nella preparazione di un’ampia gamma di farmaci salva-vita.

I plasmaderivati sono medicinali indicati per il trattamento di patologie rare come l’emofilia di tipo A e di tipo B, di altre malattie emorragiche, delle immunodeficienze primarie e di patologie respiratorie ereditarie. Possono inoltre prevenire problemi legati al fattore Rh nei neonati, accelerare la cicatrizzazione dopo interventi chirurgici e medicare i pazienti ustionati, accelerandone la guarigione. Infine le proteine estratte dal plasma sono in grado di sostituire quei componenti mancanti del sangue in persone con carenze congenite.

I farmaci di origine plasmatica sono diversi dai farmaci tradizionali. Il materiale di partenza è il plasma umano e non un prodotto di sintesi. La produzione di farmaci plasmaderivati è un processo complesso che richiede alcuni mesi dalla donazione del plasma al rilascio del prodotto finito e pronto per la consegna alle strutture sanitarie. Per garantirne l’assoluta sicurezza è necessaria una selezione attenta dei donatori: essi devono essere il più possibile periodici, e quindi fidelizzati, al fine di limitare lo scarto di unità di plasma che non raggiungono gli standard necessari. Per tutte queste ragioni il costo di questi prodotti è più elevato di molti  farmaci di sintesi.

In italia solo una parte dei farmaci plasmaderivati deriva dal plasma dei nostri donatori di sangue. Fino ad oggi un’unica azienda aveva l’autorizzazione a lavorare il plasma nostrano in conto vendita per le aziende sanitarie. Il resto dei farmaci plasmatici arriva già frazionato dall’estero, in particolare dagli Stati Uniti. Alcuni decreti attuativi appena approvati dalla Commissione ministeriale di Sanità sancisono la possibilità, per altre case farmaceutiche, di lavorare il plasma italiano. Verrebbe da chiedersi quale azienda troverebbe conveniente produrre farmaci tanto costosi e totalmente dipendenti dalla generosità disinteressata dei donatori di plasma, all’interno di un sistema di regole che ne impedisce la raccolta a pagamento.

E quello della raccolta gratuita è il primo, vero punto di domanda. Bisogna infatti capire se l’apertura al mercato della lavorazione spingerà il nostro sistema sanitario a promuovere la crescita della raccolta di plasma da donatori periodici e volontari fino a raggiungere l’autosufficienza nazionale, oppure se al contrario aprirà la porta alla raccolta di plasma a pagamento – come accade negli Stati Uniti e in Germania – da parte delle stesse case farmaceutiche deputate alla sua lavorazione.

Secondo “Sangue e affari – Uno scandalo internazionale nell’industria dei farmaci”, il libro-inchiesta di Pino Pignatta e Stefano Bertone: “Oltre un milione di persone nel mondo ricevono ogni anno terapie a base di plasma e più di 22 milioni di litri sono impiegati in queste cure. Solo l’Alpha Therapeutic, una delle multinazionali americane dei farmaci a base di sangue, ha lavorato nella sua storia 30 milioni di chilogrammi di plasma. Un business gigantesco che, come conferma su Internet l’Aventis-Behring, un altro dei colossi statunitensi del settore, garantisce, soltanto per il settore dei prodotti a base di plasma, un giro d’affari globale di 6,1 miliardi di dollari, quasi 10 volte il budget che la Fao spende annualmente per alimentare 842 milioni di persone sotto il livello minimo di nutrizione.”

Sulla possibilità di raccogliere in Italia plasma a pagamento (realizzando profitti più consistenti sui farmaci plasmaderivati rispetto alla loro lavorzione in contovendita) le aziende farmaceutiche devono aver messo una fiche. Prova ne è il fatto che la multinazionale Baxter già due anni fa ha ampliato lo stabilimento di Rieti e investito 50 milioni di euro “con l’obiettivo di creare la più moderna realtà produttiva italiana della lavorazione del plasma e degli emoderivati”. Questo almeno si legge in un comunicato stampa della stessa azienda che prosegue: “In Italia la biofarmaceutica Kedrion ha l’esclusiva per frazionare il plasma e distribuirne i derivati, mentre a Baxter non è consentito lavorare il sangue italiano, ma solo quello estero, con costi più elevati per il Ssn.” E per la Baxter medesima, presumibilmente.

Sarà in grado, il Sistema sanitario nazionale, di valorizzare i suoi donatori di plasma continuando a garantire un prodotto di qualità e ottimizzando i costi dovuti per il plasma d’importazione? Riuscirà a promuovere la sussidiarietà tra regioni, facendo in modo che chi raccoglie più plasma possa metterlo a disposizione di chi riesce a raccoglierne meno? E potrà fare tutto questo senza derogare al  principio – stabilito dalle nostre leggi – per il quale ogni prodotto del corpo umano non può essere né venduto né comprato?

Beba Gabanelli – Ufficio stampa AVIS Emilia-Romagna