Francesca Ghermandi è una delle autrici italiane più celebrate a livello internazionale. Anche i non appassionati di fumetti hanno avuto modo di vedere i suoi disegni almeno una volta: il simbolino animato del programma di Rai 2 Cocktail d’Amore, il manifesto ufficiale “Estate Rimini 2010”, la sigla della 62a Biennale del Cinema di Venezia, i segni zodiacali dell’oroscopo di Rob Brezsny sulla rivista “Internazionale”. E potremmo non fermarci qui. Geniale e ironica, dal tratto inconfondibile, l’autrice bolognese ha al suo attivo molti lavori, dalle illustrazioni delle favole di Gianni Rodari a “Le avventure di Ulisse di Roberto Piumini”, fino alla pubblicazione di storie a fumetti originali: Pastil, Hiawata Pete, Helter Skelter.
“Cronache della Palude“, la sua ultima fatica da poco in libreria per la Coconino Press, è una favola ecologica e decisamente dark. Una storia sarcastica e corale che ruota intorno a un’antichissima quercia, dove si intrecciano le vicende di tanti personaggi molti diversi tra loro e tutti assolutamente improbabili. I cambiamenti climatici, l’eccessiva cementificazione e la morte delle radici dell’albero causeranno lo sprofondamento della città. Nel mezzo la storia di Silvia, una disegnatrice di fumetti con un problema che la rende sociofobica e che, attraverso varie delusioni, riuscirà ad emergere dalla palude. Silvia, per la cronaca, non somiglia affatto a Francesca, che invece è solare e sempre piena di idee, bozzetti e progetti che raccoglie alla rinfusa dentro a scatoloni che finiscono per invadere ogni spazio libero del suo studio.
Qual è stato il momento in cui hai cominciato a immaginare “Cronache della Palude”? Da dove è nata l’idea?
L’idea di un libro così “pieno” non nasce all’improvviso. Sono tante le scintille che messe insieme portano all’idea… penso ad esempio al platano secolare di Piazza Malpighi a Bologna, che mi ha suggerito la quercia attorno alla quale si svolgono le storie dei personaggi di “Cronache della Palude”.
Anche le parole seguono delle mode: oggi fumetto non lo dice più nessuno, sono tutte graphic novels. Non è un po’ una forzatura? Esiste una differenza evidente anche ai non appassionati del genere?
La definizione graphic novel è un modo per identificare storie molto vicine a certa letteratura… o forse per nobilitare i fumettacci… Fatto sta che sono sempre fumetti!
Dicono di te: la più brillante d’Italia nel suo campo. So che non ti piacciono gli stereotipi, nemmeno quelli di genere, ma le tue fumettiste preferite in Italia quali sono?
Dicono anche: “la più brillante fra le donne” (AAAGH! non ti pare offensivo?) e sì, non mi piacciono gli stereotipi di questo tipo perché sembrano le categorie calcistiche di serie A e serie B. Per me non ci sono uomini e donne che fanno fumetti, ma fumetti. Di fumettisti che mi piacciono, ce ne sono tantissimi: maschi e femmine. Posso citare l’ultimo fumetto di Ratigher perché è l’ultima cosa che ho letto.
C’è chi sostiene che il fumetto sia la letteratura del futuro. Sei d’accordo con questa affermazione?
Il fumetto è un’arte diversa dalla letteratura e dal cinema ma ha con queste delle somiglianze. Tutte e tre immagino che potranno evolversi e magari combinarsi tra loro sempre di più grazie alle tecnologie.
Altri progetti in fase di realizzazione?
Un lavoro di animazione e un nuovo fumetto…
…Ma non vuoi dire di più. Allora ecco la domanda di rito: hai mai donato sangue?
No, non mi è mai capitato. Sono abbastanza ignorante in materia e ho sempre pensato che la mia anemia non me lo consentirebbe. Certo, se d’improvviso ce ne fosse bisogno, non mi tirerei indietro.
Se dovessi immaginare un personaggio per una storia sulla donazione di sangue come lo disegneresti?
Sicuramente… rosso!
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