«Se vogliamo farli vaccinare, prevenire la diffusione di malattie contagiose, inserirli in campagne di screening dobbiamo contattarli nel modo più effiace e rapido possibile. Spesso non hanno un domicilio a cui siamo certi ricevano la posta. Per questo sms e app telefoniche diventano indispensabili, e una volta utilizzate per i migranti, diventano strumenti comuni del sistema sanitario per dialogare con tutti i cittadini.» È questa una delle conclusioni a cui è giunto Alberto Colaiacomo, responsabile della comunicazione in Caritas, intervenuto ad un incontro a Bologna sulle politiche sanitarie e le nuove tecnologie: migranti: anche grazie a loro la sanità diventa 2.0

La componente di nuovi cittadini ha delle riprecussioni sempre più importanti sulla nostra società, anche – e significativamente – nell’ambito del sistema sanitario. Colaiacomo, dati alla mano, ha provato a mettere qualche puntino sulle “i”, sfatando qualche mito riguardo alla comunicazione verso e sui migranti. Un tema decisivo anche nell’ambito della raccolta di sangue ed emocomponenti, utile per mettere a punto strategie comunicative adeguate e rispondere in modo puntuale alle mutate esigienze della società. Basti pensare che dal 2011, tra i donatori di sangue il 6% delle nuove idoneità in Emilia-Romagna riguarda cittadini di origine non italiana.

«Innanzitutto bisogna ricordare, a chi fa il mestiere di giornalista e anche all’opinione pubblica in generale, che gli “stranieri” non hanno tutti la stessa condizione sociale, come non ce l’hanno gli altri cittadini. Ad esempio non sempre teniamo presente che anche i cittadini stranieri con permesso di soggiorno regolare contribuiscono economicamente al funzionamento del servizio sanitario attraverso il pagamento delle imposte, non sono soltanto fruitori. Così come è importante sapere che requisiti minimi di assistenza sanitaria garantita a tutti sono la miglior garanzia per tenere sotto controllo la salute della popolazione (e della spesa sanitaria) su tutto il territorio nazionale.»

La stortura parte da un’errata impostazione della comunicazione fin dalle sue origini e non soltanto per colpa dei luoghi comuni perpetrati dai media “mainstream. L’Auditel, principale strumento di misurazione degli ascolti nel nostro Paese, ha introdotto un campione di cittadini di origine straniera soltanto nel 2011, a fronte di una multa di 1,8 milioni di euro inflitta dall’Antitrust. Nel campione dei telespettatori – recitava la sentenza – non ci sono stranieri, e questo falsa i dati di ascolto.

Colaiacomo, che per la Caritas studia il fenomeno di come viviamo la convivenza con gli stranieri e viceversa, si sofferma cita alcuni esempi significativi in ambito sanitario. «Quando i tg e i giornali affrontano il tema della salute in relazione all’immigrazione, nella grande maggiornza dei casi lo fanno parlando di emergenze: dalle epidemie che sarebbero legate agli sbarchi, alle pratiche di mutilazione genitale. Spesso si tratta di informazioni non supportate da alcun genere di dato o evidenza. Ad esempio, non esiste alcun incremento di pratiche estetiche legate a popolazioni di origine non caucasica, come ad esempio lo schiarimento della pelle, la ricostruzione dell’imene oppure la modifica della forma degli occhi.»

I dati, secondo l’osservatorio dell’associazione, fotografano invece nell’ultimo quinquennio un allineamento assoluto con la comunità nazionale anche in fatto di prestazioni mediche. Se dieci anni fa i residenti di origine straniera ricorrevano al servizio sanitario soprattutto per traumi (uomini) e parti (donne), oggi l’uniformità delle prestazioni è pressoché compiuta. Resta lo scoglio della paura, che nei migranti clandestini è fortissima e che impedisce loro di rivolgersi ai pronto soccorso in caso di necessità anche là dove le rassicurazioni sulla non denuncia da parte del personale medico sono esplicite e pubblicizzate. Fenomeno che genera gravi rischi – non ci stancheremo mai di ripeterlo – per i soggetti interessanti e per la popolazione italiana nel suo complesso.

È opionione di Colaiacono che nuovi cittadini rappresentino una grande opportunità di modernizzazione per la sanità, a patto che vengano rispettati alcuni precetti comunitari. Primo fra tutti, meno traduzioni e più promozione della lingua italiana, condizione indispensabile all’integrazione nel suo complesso e non solo alla comprensione delle prescrizioni medico-sanitarie. E infine, un maggior approccio transculturale nella medicina, per permettere ai nuovi cittadini di sentirsi parte integrante di un’evoluzione culturale, sociale ed economica che contribuiscono a realizzare.